Ovunque ci sia una società umana, lo spirito irrefrenabile di comunicare si manifesta:

sotto gli alberi, nei piccoli villaggi, sui palchi dei teatri, nelle metropoli internazionali, in aperta campagna,

attorno al tavolo di una cucina.

Robe dell’altro mondo! è un’esclamazione in lingua italiana che caratterizza la civiltà piemontese.

Robe dell’altro mondo! è quando ci si trova a commentare un fatto straordinario.

In scena l’attore Paolo Tibaldi e la cantautrice Simona Colonna saranno alle prese con una narrazione teatrale e musicale sulle tradizioni popolari. Qual è l’intento? Condividere la forma mentis piemontese come modo di vivere/pensare/lavorare/sognare/nutrirsi/volersi bene e, solo infine, parlare. Lo spettacolo ha un taglio narrativo che spazia tra momenti umoristici e altri più emotivi, attraverso l’esilarante aneddotica legata ad alcune espressioni. Tutto è volto all’indagine – tra ingegno e sentimento – della civiltà piemontese, anche in parallelo con altre civiltà; una sorta di specchio riflesso, dacché il pubblico si riconosce nei tratti sociali delineati.

Nelle alternanze musicali, le armonie si rincorrono tra il classico contemporaneo e il moderno, attraverso il folk, per raccontare una lingua che diventa musica – al di là dei localismi – per una ricerca lungo il filo delle proprie radici: “Le radici siamo noi. Radici che, profondamente innestate nelle zolle della terra, producono in qualche modo i frutti della nostra storia”. Solcando la terra piemontese e le sue colline affrontiamo tutti insieme emozioni, sfumature, attimi di vita…che si rivelano universali. Robe di questo mondo!

I sudori dei contadini in luoghi belli e difficili, le usanze, i modi di dire, le esperienze della gente del posto arrivano a noi attraverso alcune determinanti espressioni e aneddoti. Il progetto propone che non sia mera adorazione della cenere, ma custodia di un fuoco vivo. “La terra ha musica per chi sa ascoltarla.”

Sarà una buona occasione per trascorrere un tempo suggestivo con un contenuto che diventa costruttivo. Il privilegio è non dover inventare nulla di nuovo, ma dare anzi una veste nuova a qualcosa che esiste da chissà quanto… doveva soltanto tornare alla luce!!

La comprensibilità è garantita a qualunque pubblico, anche di origine non piemontese. Durata: 90 min.

 

 

 

SIMONA COLONNA: Ho iniziato a cantare e suonare da bambina, avvertendo una necessità intima, un vero e proprio bisogno di esprimermi attraverso la musica. Sono partita dalla banda del mio paese, nel Roero, per approdare ai corsi musicali accademici, diplomandomi prima in flauto e poi in violoncello. Ho fatto musica in orchestra, in formazioni da camera e come solista. Ma non mi bastava. A un certo punto della mia vita e della mia carriera artistica, ho sentito il bisogno di andare oltre i tradizionali confini della musica. Cercando un contatto sempre più diretto, spontaneo e personale con la musica ho trovato un mio modo di essere artista: oggi canto e suono immagini, storie, personaggi, volti… Sono partita dai grandi nomi della musica, e sono approdata alle mie origini: un percorso che è un ritorno, e quindi non è mai stato un addio. Un modo per capire che quello che cerchiamo è già in noi e in quello che ci circonda

 

PAOLO TIBALDI: Sono nato e cresciuto ad Alba – ai piedi delle Langhe – tra natura, storie e persone a cui voglio bene. Sono attratto dal Teatro sin da bambino: Oh sì, bella idea! è la mia prima battuta scenica a cinque anni… C’è un’umanità che chiama e io voglio seguire il suo appello: raccontare storie su luoghi e persone che mi circondano. Oggi la mia attività artistica si dipana su più fronti nel panorama nazionale: dal Teatro di Prosa classico e contemporaneo, all’interpretazione di personaggi in svariate fiction di entità cine/televisiva. Per combinare qualcosa, dalle mie parti si dice che ‘vanta calé giù prest a ra matin’ (bisogna svegliarsi presto al mattino). Questa terra fu molto povera, senza opportunità; per questo sono molto legato a una citazione di Beppe Fenoglio: “Sta’ tranquilla che è più facile che il lavoro si spaventi di me, che io di lui”.